Situato ad Imperia, in Liguria, in un luogo legato principalmente alla produzione di olio di oliva, nasce il
frantoio Benza.
La famiglia Benza è attiva nella produzione e nel commercio di olio extra vergine e prodotti a base di olive taggiasche in questo angolo di Liguria già dal 1600; in principio la produzione era perlopiù di sussistenza, ma già a partire dal 1700 è stata implementata maggiormente la coltivazione degli ulivi e la commercializzazione dell’olio, fino ad arrivare al 1853 quando venne acquistato il primo frantoio ad acqua.
Dal XVII secolo ad oggi sono stati fatti enormi passi avanti: pur rispettando e custodendo la tradizione, Benza possiede un frantoio moderno, di ultima generazione e a ciclo continuo.
Per scoprire le peculiarità di questa azienda centenaria che conta 30 ettari di uliveti e circa 12.000 alberi, abbiamo intervistato Giovanni Benza – titolare del frantoio Benza.
Ci racconti della sua azienda: quali sono gli elementi che maggiormente vi caratterizzano e distinguono dalla concorrenza?
La nascita di un grande olio ha un percorso affascinante e pieno di tradizione. Oltre alla cura dedicata alla coltivazione delle olive e alla scelta dei migliori frutti c’è un segreto, il vantaggio di essere frantoiani. Non siamo
selezionatori, preparatori, oppure imbottigliatori, e abbiamo, quindi, un controllo solo parziale sulla qualità finale del prodotto; ma, grazie agli insegnamenti che ci sono stati tramandati dai nostri nonni curiamo ogni giorno la realizzazione
di tutti i nostri prodotti. Partendo dalla raccolta possiamo vederli prendere forma sotto i nostri occhi, seguendo la trasformazione personalmente e mettendo tutta la passione ed esperienza che abbiamo nelle fasi vere della produzione,
preoccupandoci di mantenere sempre alta la qualità del lavoro svolto.
L’Italia è uno dei paesi che esporta più olio: oltre il 60% della produzione totale. Quali sono i vostri principali Paesi export e qual è la situazione attuale su questi mercati?
Esportiamo oltre i confini italiani una buona parte della nostra produzione; principalmente vendiamo i nostri prodotti sui mercati europei, Germania soprattutto, ma anche Svizzera, Francia, Austria e, oltre ai mercati scandinavi che
stanno scoprendo l’extra vergine di taggiasca e le nostre olive, spediamo anche in Gran Bretagna. Altri mercati per noi molto importanti sono quello nord americano, e australiano in cui esportiamo dagli anni ‘90. Ultimamente stiamo anche
allacciando rapporti con importatori giapponesi per consolidare la nostra presenza su quel mercato, che ad oggi si limita alla fornitura di extra vergine ed olive a due negozi nell’area metropolitana di Tokyo. Attualmente riscontriamo un aumento
della richiesta da parte di quasi tutti i clienti, immaginiamo che possa essere correlato, oltre ovviamente alla qualità del prodotto anche alla limitata disponibilità dello stesso, essendo la quantità prodotta sempre più limitata a causa del clima
“folle”. Ovviamente, il prodotto diventa più attrattivo, in quanto più esclusivo. Tra le altre cose non riscontriamo problemi legati agli aumenti del prezzo, poiché l’extra vergine di taggiasca (così come delle altre cultivar pregiate)
viene riconosciuto come prodotto di alta gamma, da utilizzare in cucina, ma anche da sfoggiare e regalare.
A causa della siccità e del riscaldamento globale, la produzione d’olio extravergine d’oliva è in calo: anche lei sta riscontrando queste difficoltà? Quali sono le misure che sta adottando per fronteggiare questa situazione?
Purtroppo il cambiamento climatico sta mettendo a dura prova tutte le filiere produttive. Per quanto riguarda l’olio la situazione è piuttosto delicata, perché a fronte di un aumento della richiesta, per maggiore consapevolezza alimentare o anche
per moda veicolata dai vari influencer a mezzo social. Stiamo vivendo cali di produzione importanti rispetto a 10 anni fa.
Fortunatamente, la qualità dell’olio extra vergine prodotto è sempre alta almeno per quanto riguarda il ponente ligure. Noi come azienda stiamo vagliando le soluzioni praticabili. Circa 10 ettari dei nostri
uliveti sono irrigati, anche se poi sorge il problema dei cinghiali che, quando il terreno è bagnato, adorano crogiolarsi nel fango, ma così facendo distruggono i muretti a secco fondamentali per noi, vista la conformazione collinare del territorio.
Stiamo studiando varie soluzioni, anche perché recintare tutto diventerebbe antieconomico.
Cosa ne pensa della mancanza di conoscenza da parte di numerosi utenti rispetto alle diverse categorie di olio d’oliva? È questo, secondo lei, un limite importante per le vendite di olio EVO di qualità? Quali sono i metodi che adotta per informare la clientela e guidarla verso un consumo più consapevole?
Noi come azienda non percepiamo nei nostri clienti una mancanza di conoscenza tra i differenti tipi di oli. Siamo ovviamente ben lontani dai risultati ottenuti dai produttori vinicoli che attraverso il lavoro di squadra sono riusciti a fare diventare
quello del sommelier, oltre che un lavoro, anche una passione/hobby per molti utenti creando un volano importante per tutta la filiera. L’educazione alimentare a scuola, non solo in aula ma anche a mensa, sarebbe a nostro avviso il modo più efficace
per insegnare le differenze ed i diversi campi di impiego degli oli. Oltre a suggerire quale olio accompagnare alle differenti preparazioni gastronomiche e fornire dettagli sulle caratteristiche dei singoli oli, c’è anche una componente salutistica.
Essendo l’olio extra vergine di oliva un'ottima fonte di molecole antiossidanti oltre ad aiutare l’organismo a bilanciare i livelli di lipidi nel sangue combattendo il colesterolo “cattivo” esercita anche una funzione antibatterica e antidolorifica grazie all’alta concentrazione, almeno nell’olio extra vergine di oleocantale, una molecola molto simile all’ibuprofene ma priva di effetti collaterali.