L’azienda Pellegrino 1890 da quattro generazioni produce ad Andria olio extravergine di oliva pugliese; i suoi oli possiedono numerose certificazioni che le consentono di vendere la maggior parte del proprio prodotto a grandi aziende dell’olio. Ma l’azienda
ha da poco avviato una strategia di rebranding per incrementare le vendite dei propri oli a marchio Pellegrino.
Della storia e della strategia aziendale ci parla Maria Teresa Pellegrino,
co-titolare e responsabile marketing, qualità ed export.
Il 1890 è un anno importante della nostra storia: il mio bis-nonno trasportava merci e gestiva, insieme alla moglie, un’attività di rivendita principalmente di grano e legumi, nel pianoterra della casa dove vivevano; fino al giorno in cui decisero
di investire i loro soldi per comprare una quota di un mulino: operazione che permise all’azienda di diventare fornitore abituale di grandi nomi dell’industria alimentare italiana. È in quegli anni che la famiglia inizia a comprare diversi terreni,
tra cui una masseria con 138 ettari di oliveto. Da qui, in seguito alla costruzione di un frantoio, parte la produzione del nostro olio extravergine di oliva.
Qual
è stato l’ostacolo principale che avete dovuto superare nella vostra evoluzione
aziendale?
La Puglia, rispetto ad altre regioni italiane che producono oli di pregio, ha fatto fatica a valorizzare il proprio olio. Di conseguenza l’olio pugliese è
storicamente entrato nella produzione di olio altre regioni. Questo è successo anche a noi: la nostra produzione è ancor oggi destinata per l’80% alla cisterna, ovvero alle grandi aziende dell’olio. Solo negli ultimi tempi ci stiamo
specializzando nella vendita di nostro prodotto con nostre etichette. Vogliamo far crescere del 20% la vendita di olio a nostro marchio.
Quali sono gli elementi che vi caratterizzano e vi
distinguono dai competitor?
Il mercato non premia dal punto di vista economico gli standard qualitativi elevati. Il prezzo dell’olio in cisterna è piuttosto basso e noi abbiamo dovuto cercare un modo per rendere questa attività redditizia. Abbiamo quindi ottenuto alcune importanti
certificazioni: BRC, IFS, biologico, ICEA, ed altro. In questo modo abbiamo la possibilità di vendere il nostro prodotto alle grandi aziende a prezzi più alti.
Il nostro frantoio, oltre a lavorare molte olive di terzi, stocca l’olio di diverse realtà. Le grandi aziende dell’olio richiedono oli non filtrati e questo significa essere in grado di stoccare il prodotto in un certo modo. Ma anche il piccolo produttore
può decidere di tenere l’olio da noi, anche perché spesso siamo in grado di venderlo insieme ai nostri oli.
Quali strumenti e strategie comunicative usate per
aumentare la notorietà del vostro prodotto?
Il 2023 sarà il nostro trampolino di lancio per vendere l’olio a nostro marchio. Partirà presto la promozione dei nostri nuovi prodotti, tra cui il nostro olio sostenibile certificato e i nostri oli aromatizzati. Abbiamo cambiato le etichette, uniformato
bottiglie e grafica, migliorato il sito web e puntato sulle sponsorizzazioni sui social media. Ci stiamo avvalendo di consulenti
di neuromarketing.
Per questa campagna erano previsti forti cali
produttivi. Quali sono le sue considerazioni sulle rese e la qualità del suo
raccolto?
Come produttori sappiamo bene che non esiste un’annata uguale ad un’altra; se guardiamo agli ultimi anni, ad esempio, con la gelata del 2019 non abbiamo prodotto nulla; il 2020 è stata invece un’annata buona, quella del 2021 sensazionale. Il
2022 è stata un’annata difficile, sapevamo già che avremmo avuto una minor quantità di prodotto. Soprattutto non ci aspettavamo il caldo in tutto il mese di novembre.
Gli oli migliori li abbiamo infatti prodotti a dicembre, quando con il
freddo abbiamo avuto l’amaro e il piccante. L’olio buono si fa con il freddo e non era possibile ottenerlo con le raccolte a fine ottobre.