Nata nel 1812, l’Azienda Agricola Santa Catrini vanta un territorio vocato, origini storiche e influenze arabe. Situata a Melilli, un paese a 22 Km da Siracusa, Santa Catrini custodisce tradizioni che riportano al tempo dei romani e tecniche di origine
araba visibili ancora oggi nei grandi alberi secolari dai tronchi enormi che regalano un paesaggio suggestivo.
Oggi l’azienda si estende su 90 ettari di terreno di cui solo 36 sono dedicati alla coltivazione delle olive. Per il futuro si prevede non solo la piantumazione di nuovi uliveti e l’acquisto di un frantoio di proprietà, ma anche la creazione di un innovativo
progetto dedicato all’oleoturismo.
Abbiamo intervistato Giovanni Bonfiglio – proprietario di Santa Catrini – per scoprire la storia della sua azienda e gli aspetti distintivi.
Santa Catrini è un’azienda olivicola alla quinta generazione, ma questi terreni e le aree dedicate alla coltivazione sono a vocazione olivicola fin dai tempi romani: Virgilio diceva che i monti Iblei producono olio e miele deliziosi. Mi ritengo
un custode temporaneo di questo angolo di terra ed il mio scopo è lasciare il territorio meglio di come l’ho trovato. Sono molto fortunato perché faccio un lavoro che amo, non tutti hanno questa fortuna. I nostri uliveti si estendono su 36 ettari,
ma l’azienda ne copre 90 ed è nostro obiettivo far crescere l’azienda, nonostante il flagello degli incendi. Stiamo cercando di ampliare la densità degli alberi.
Il nostro frantoio antico è stato realizzato dal mio bisnonno alla fine del 1800 ed è ancora perfettamente funzionante. Oggi fa parte dell’arredamento del nostro agriturismo che, in futuro, vorremmo ampliare, dedicando parte dello spazio anche all’oleoturismo.
Rispetto al passato i processi produttivi naturalmente sono cambiati. Le nuove tecnologie ci permettono di prenderci cura dell’oliva che deve essere fresca, sana e raccolta nei tempi giusti, né troppo presto, né troppo tardi. Le olive, se lasciate
al caldo, cominciano a fermentare; conservazione e temperatura sono aspetti fondamentali, in tutte le fasi della lavorazione.
Chiediamo a Giovanni di raccontarci qualcosa in più sulla formula imprenditoriale di Santa Catrini.
Fino ad oggi abbiamo utilizzato un frantoio di terzi nei Monti Iblei per produrre un olio DOP, ma stiamo firmando un contratto per installare il nostro frantoio di proprietà. Abbiamo preso questa decisione per aumentare ancora di più la qualità
del nostro prodotto: se utilizzando un frantoio di terzi tra la raccolta delle olive e la prima molitura passano 8-10 ore, con un frantoio di proprietà saremo in grado di raccogliere la mattina e iniziare a molire già dopo appena 2-3 ore.
Esportiamo gran parte nella nostra produzione in Canada e in Francia; abbiamo un portafoglio di clienti italiani relativamente ristretto. Il secondo anno di pandemia ha visto un rallentamento degli ordini da parte dell’export a causa dell’aumento dei
costi e della conseguente diminuzione dei consumi: il costo dei trasporti via nave – metodo di spedizione da noi prescelto – è aumentato e ha creato forti impatti su altri aspetti della filiera. Per questo motivo abbiamo registrato un leggero
calo di fatturato nel 2022, ma gli ordini al momento sembrano positivi, il mercato si sta muovendo meglio e l’unico problema che abbiamo ora è l’aumento dei costi di materie prime, energia ed imballaggi.
Sul fronte del raccolto, non abbiamo problemi di qualità, semmai di quantità.
La mosca dell’olivo trova il suo ambiente ideale in una fascia di temperatura e in un livello di umidità specifici. Se si superano i 33 gradi, le condizioni non sono più ideali per la sua proliferazione perciò, le estati calde non creano un problema sotto
questo punto di vista. Tuttavia, c’è stato un calo produttivo dovuto dalla nostra cultivar, che deve avere almeno il 60% di alternanza di produzione. Sicuramente le condizioni ambientali sono mutate e gli olivi, non ancora adattatisi, sul fronte
delle quantità non rispondono come dovrebbero.
Maggio è il mese dell’allegagione, ovvero l’inseminazione del fiore, che è un momento critico, perciò se in quel mese in Sicilia ci sono temperature anomale che arrivano addirittura a 40 gradi, la pianta viene messa sotto stress e ne risente, con la conseguenza
che non tutto il processo di inseminazione ha successo e diminuisce la quantità di olive. Con le ondate di caldo sempre più frequenti, soprattutto in periodi critici, è normale avere un impatto sulla quantità.