Terracuza è una realtà a gestione familiare situata in provincia di Nuoro, che si distingue per la volontà di recuperare e rimettere in produzione oliveti abbandonati.
Nata ufficialmente nel 2007, l’azienda è oggi alla terza generazione di produttori e si riconosce pienamente nei principi e nelle pratiche dell’olivicoltura eroica, considerato che i suoi oliveti si trovano in un territorio collinare poco favorevole,
tra forti pendenze e con terrazzamenti in muratura di pietra, che obbligano la raccolta manuale senza ausilio meccanico.
Giacomo Nieddu, titolare di Terracuza, ha condiviso con noi i valori identitari della sua azienda.
“Terracuza nasce a Bolotana, ma i nostri impianti si estendono fino a Silanus nel cuore della Catena del Marghine. Il nostro obiettivo primario è da sempre stato quello di rimettere in sesto oliveti abbandonati, dando loro nuova vita. Le nostre piante,
infatti, hanno un’età media di 150 anni e si trovano su un territorio prevalentemente granitico con esposizione a sud-ovest che regala un olio Evo ricco di polifenoli e aromi.
Coltiviamo le varietà Bosana – da cui produciamo due linee differenti di mono varietale – e Cariasina, da cui nasce un olio biologico in blend con la Bosana”.
Quali sono gli aspetti più importanti della vostra produzione?
Abbiamo 25 impianti, tutti diversi fra loro che possiedono dalle 70 alle 1000 piante di olivo ciascuno.
Gestiamo in famiglia la lavorazione sul campo, tra potatura e monitoraggio del grado di maturazione delle olive, mentre per la raccolta manuale assumiamo un team esterno che ci aiuti perché la pendenza e la localizzazione delle piante richiedono un’attenzione
e una forza lavoro maggiori.
Successivamente, entro 12 ore dalla raccolta portiamo le nostre olive in un frantoio locale per il processo di estrazione.
Per quanto il lavoro in frantoio sia visionato direttamente da noi e per quanto la nostra sia un’azienda di piccole dimensioni, uno degli obiettivi futuri è quello di acquistare un frantoio di proprietà.
La sottoscrizione alle tecniche di olivicoltura eroica e la rimessa in produzione di olivi abbandonati è secondo voi un aspetto attrattivo per la clientela?
Produciamo mediamente 4000 litri di olio EVO ogni anno e non abbiamo mai avuto problemi a vendere la nostra intera produzione.
Inoltre, esportiamo il nostro olio in Europa, soprattutto in Germania, Belgio, Olanda e Francia, e negli Stati Uniti, dove siamo presenti principalmente in Colorado, ma il nostro prodotto viene distribuito autonomamente dai nostri acquirenti americani
anche nelle Hawaii; abbiamo notato una forte richiesta di prodotti di alta qualità e di nicchia.
La nostra storia e le nostre tecniche produttive, complici anche i premi che abbiamo vinto e che testimoniano la qualità del nostro prodotto, ci hanno aiutato a commercializzare l’intera produzione di Terracuza. Oggi il nostro obiettivo non è vendere
di più, quanto produrre maggiori quantità.
Tuttavia, un aspetto su cui non abbiamo controllo è proprio il calo produttivo che subiamo a causa del surriscaldamento globale: lo scorso anno abbiamo prodotto solo un 14% e abbiamo raccolto con temperature che sono arrivate ai 28°, costringendoci ad
abbassare ulteriormente la temperatura delle olive per preservarne gli aromi.