Salute e Ambiente

Venerdì 20 Gennaio 2023

Cani contro la Xylella: continua il progetto per salvare gli ulivi italiani

La task force cinofila anti Xylella prevede cani specializzati nell’individuazione precoce del batterio attraverso l’olfatto.

di Emanuele Fiorio

Scheda tecnica

I cani hanno sensi molto più sviluppati degli umani, in particolare la loro capacità olfattiva è in grado di rilevare ciò che per noi risulta completamente impercettibile.

I cani hanno un numero di recettori olfattivi 20 volte superiore a quello degli umani che inviano segnali al cervello. Quando il cane espira, l'aria esce attraverso le due fessure laterali del naso, non attraverso le narici come facciamo noi: ecco perché i cani possono annusare a ciclo continuo, catturando grandi volumi di aria e odori.

La Xylella fastiodiosa è un batterio che ostruisce lo xilema (i vasi che trasportano l'acqua dalle radici alle foglie) degli alberi e di altre piante legnose e li soffoca lentamente fino alla morte. Non esistono cure note per questa malattia e, una volta infettata, la pianta si secca lentamente (anche se alcune piante infette riescono a sopravvivere senza mostrare sintomi). 

Esistono diversi ceppi di Xylella e, secondo gli ultimi dati, colpiscono complessivamente 595 specie di piante in tutto il mondo. Nell'ultimo secolo, la Xylella ha decimato non solo gli uliveti mediterranei ma anche i campi di arance in Brasile, i vigneti nella California meridionale e i peri a Taiwan. Poi, 10 anni fa, la Xylella ha raggiunto gli ulivi pugliesi.
Con i suoi 60 milioni di ulivi, la Puglia produceva fino al 50% del nostro olio d'oliva, ma in pochi anni la Xylella ha infettato e ucciso 21 milioni di alberi, molti dei quali erano monumentali.

L'Italia ha adottato misure come il monitoraggio della malattia su larga scala, tuttavia la Xylella continua a diffondersi negli oliveti pugliesi ed anzi il batterio sta risalendo la penisola verso nord a un ritmo di circa 20 km (12 miglia) all'anno, spuntando anche in altre regioni d'Italia e d'Europa.

Nicola di Noia, agronomo di Taranto e direttore generale di Unaprol comprende bene il pericolo della Xylella e si batte a gran voce per il suo contenimento. Nel 2020, ha ripensato alla sua esperienza passata di carabiniere, periodo in cui ha lavorato con i cani da rilevamento molecolare per scovare droghe ed esplosivi. 
Ricordando le loro incredibili capacità olfattive, si è posto una semplice domanda: “Se fossero in grado di rilevare anche la Xylella?

"Abbiamo iniziato a cercare lavori simili fatti dai cani sulle piante", ha raccontato alla BBC Di Noia. Ha scoperto che un team di esperti californiani aveva trovato il modo di usare l'olfatto dei cani per rilevare i batteri sugli agrumi.

Secondo Serena Donnini, addestratrice cinofila dell'ENCI (Ente Nazionale Cinofilia Italiana) e coordinatrice del programma sperimentale Xylella Detection Dogs (progetto nato già nel 2021 dalla collaborazione fra ENCI, Unaprol, Coldiretti e CNR-Ipsp) è fondamentale addestrare i cani con gli odori giusti, ed è qui che gli scienziati del CNR giocano un ruolo fondamentale. Per salvare gli alberi dalla Xylella, quel profumo è l'odore di una pianta infetta. Come gli esseri umani, quando le piante vengono infettate, il loro metabolismo e il loro odore cambiano.

Donato Boscia, virologo vegetale e responsabile dell'unità di Bari dell'Istituto per la protezione sostenibile delle piante del CNR incaricata di studiare la Xylella, ha fornito a Donnini piante di olivo infette certificate. Il team di Boscia sta attualmente cercando di capire quali siano le molecole specifiche rilasciate dalle piante infette che i cani percepiscono.

Per mostrare la precisione dei cani, Donnini ha disposto cinque piccoli ulivi in vaso in fila nel cortile di un frantoio e nell'avamposto di ricerca del CNR nel Salento. Una delle piante porta un cartellino con un punto rosso, certificato come infetto da Xylella dal team di Boscia. L'addestratore cinofilo fa un segnale a Ellis - uno springer spaniel di sette anni - che corre tra le piante, si blocca davanti alla pianta infetta e, scodinzolando, torna dall'addestratore per reclamare il suo cibo.

Non tutte le piante infettate dalla Xylella mostrano sintomi percepibili dall'uomo, e questo è uno dei motivi per cui è stato così difficile contenere la malattia. I cani potrebbero aiutare a fermare la diffusione in punti strategici critici come le serre e i porti. Secondo uno studio dell'Università degli Studi di Bari infatti è stata una pianta di caffè importata dall'America Latina a far arrivare la Xylella in Puglia.

"Dobbiamo addestrare i cani a identificare le piante infette da Xylella, indipendentemente dalla specie vegetale in cui si trova", ha detto Boscia. I ricercatori non sanno ancora se i composti annusati dai cani provengano dalle radici o dai rami dell'albero. Non sanno ancora se, con lo stesso addestramento, saranno in grado di scoprire contemporaneamente i batteri in un rosmarino o in una pianta di oleandro.

C'è ancora molto lavoro da fare, ma i ricercatori sperano che i cani da ricerca della Xylella siano un ulteriore strumento per contrastare il batterio mortale.