È “L'olio è progresso” il tema portante dell’edizione numero 12 di Olio Officina Festival. Ideato e diretto da Luigi Caricato, il grande happening internazionale dedicato all’olio extra vergine di oliva e ai “condimenti per il palato e la mente”
si svolgerà dal 2 al 4 marzo 2023 al Palazzo delle Stelline di Milano, ad ingresso libero.
Ma Olio Officina Festival è anche e soprattutto l'occasione per fare una riflessione a tutto tondo sullo stato del comparto oleario che è a un punto di svolta: "l'olivicoltura italiana deve fare un salto culturale e colturale dalla tradizione
al progresso", sostiene Luigi Caricato, ideatore e direttore di OOF.
È questo il momento di decidere se rendere l'olivicoltura italiana competitiva - oltre che per la qualità dell'olio che non si discute - anche per volumi di produzione e per appetibilità, applicando il progresso attraverso la razionalizzazione di
tutte le fasi del processo produttivo, da quella agricola a quella commerciale. La difficile campagna olearia 2022/2023 produrrà infatti solo poco più di 200.000 tonnellate di olio, quando il fabbisogno del nostro paese è di 1 milione di
tonnellate.
Con una olivicoltura che guardi al progresso, accettando il passaggio a un approccio più imprenditoriale, tecnologico e professionale, non si raggiungerebbe l'autosufficienza, ma si potrebbe aumentare di molto la produzione, valorizzandola
adeguatamente sia in Italia che sui mercati esteri.
"In Italia troppo spesso le aziende conducono un'olivicoltura tradizionale di bassa densità - con ampie porzioni di terreno non occupate tra un olivo e l'altro - che affonda le radici in un modello colturale, ma anche culturale e sociologico del passato quando l'appezzamento di terreno era la "dispensa" delle famiglie che
da quel terreno traevano il proprio sostentamento: tra gli interfilari degli olivi piantavano cereali, ortaggi, viti, alberi da frutto - spiega Luigi Caricato. Oggi è necessario che gli imprenditori olivicoli italiani, sostenuti da una
adeguata e coerente volontà politica, decidano che cosa vogliano fare "da grandi": se credere in una olivicoltura sistemica, unita, moderna ed economicamente efficiente, oppure produrre olio per diletto".
E i margini operativi ci sono: in Italia la superficie agricola disponibile esiste, e tantissimi sono gli ettari di terreni abbandonati che potrebbero essere resi produttivi. Diventa perciò necessario compiere un nuovo salto culturale e tecnologico, che porti verso una agricoltura di precisione e, là dove possibile, anche a una olivicoltura ad alta densità, sempre rispettosa dell'ambiente e sostenibile, proprio grazie alle tecnologie oggi a disposizione.
C’è urgenza anche di individuare nuove cultivar di olivo, anche in ragione dei drastici cambiamenti climatici che impongono soluzioni diverse, come per esempio delle nuove cultivar di olivo. Occorre che si verifichi ciò che è avvenuto in frutticultura,
un settore produttivo molto attivo nel quale, negli ultimi 53 anni, sono state prodotte oltre 400 nuove varietà, mentre nello stesso lasso di tempo le nuove cultivar di olivo sono state in tutto il mondo solo 14, di cui la metà ottenute soltanto nell’ultimo ventennio.
Il futuro e la salvezza dell’olivicoltura italiana è da riporre nella ricerca e nell’innovazione. Il miglioramento genetico ha cambiato la prospettiva e l’Italia non può certo permettersi di ignorare o snobbare il progresso.