Il panorama dell’export di olio italiano ci regala un quadro eterogeneo con una bilancia commerciale che nel 2020, secondo i dati Istat elaborati da Ismea, vede una crescita dell’export globale in valore del +5,7% ed una flessione delle importazioni del -7,2%.
Se analizziamo l’ultimo decennio, l'Asia è la regione in più rapida espansione con un grande potenziale per l'industria dell'olio d'oliva, con un tasso di crescita più sostenuto rispetto alla media globale.
Un continente da presidiare, qui le esportazioni di olio italiano sono quasi triplicate (+162%) dal 2011.
In linea con la tendenza globale, in questa macroarea l’incremento del mercato è attribuito alla crescente consapevolezza dei benefici per la salute e all'aumento dei redditi che consentono ai consumatori di investire in prodotti di maggior qualità.
Oltre al Giappone, risultano molto promettenti anche Cina, Corea del Sud e Taiwan, paesi con grandi tradizioni culinarie sebbene distanti da quella mediterranea.
La Cina è la seconda meta in Asia per volumi spediti, alle spalle del più maturo Giappone, tuttavia entrambi i paesi hanno registrato un decremento delle importazioni di olio d’oliva italiano nel 2020.
Nel 2019 le nostre esportazioni in Cina hanno raggiunto i 6 milioni di litri, 4 milioni di extravergine. Cinque anni fa, le importazioni totali di olio erano la metà. L'Italia detiene meno del 10% di quota di mercato in Cina e ci sono ampi spazi di crescita dato che la tendenza verso uno stile di vita legato al benessere e la ricerca di prodotti della dieta mediterranea sono in costante ascesa.
Nonostante a livello mondiale le esportazioni di olio italiano siano cresciute del +5,7% nel 2020, l’emergenza Covid-19 in questa area ha avuto un impatto negativo per alcuni paesi, in particolare come dicevamo, Giappone e Cina.
Lo dimostrano i dati Istat relativi al 2020:
- Il Giappone è l’unico mercato chiave che ha registrato una battuta d’arresto, con una flessione del -9% in volume (20.000 tonnellate) e del -23% in valore (82 milioni di euro),
- La Cina ha registrato una flessione del -28% in volume (4.400 tonnellate) e del -34% in valore (15 milioni di euro),
In controtendenza, Corea del Sud e Taiwan che hanno aumentato le importazioni di olio italiano:
- La Corea del Sud cresce del 18% in volume (5.000 tonnellate) e del 9% in valore (18 milioni di euro),
- Taiwan cresce dell’8% in volume (5.000 tonnellate) e subisce una leggera flessione del -0,5% in valore (17 milioni di euro).
Ciononostante, gli Stati Uniti rimangono saldamente il principale mercato di sbocco per l’extravergine italiano, da soli assorbono quasi un terzo dell’export totale, con un incremento del 73% negli ultimi 20 anni. Al secondo posto si piazza la Germania (+95%) davanti a Francia, Gran Bretagna e Giappone.
In Nord America la crescente popolarità degli integratori alimentari per mantenere la salute e il benessere generale ha aumentato la domanda di olio extravergine di oliva per i settori nutraceutico e farmaceutico.
In questa zona ci sono ampi margini di miglioramento per quanto riguarda i consumi, dato che sta aumentando la domanda di produzioni di qualità e di prodotti salutistici (anche concorrenti dell’olio di oliva).
Inoltre negli ultimi anni si sta verificando anche un incremento di importazioni di olio sfuso con il quale vengono realizzati blend.
In Sud America, oltre alla crescente consapevolezza dei benefici per la salute dell'olio extravergine d'oliva, è aumentata l’abitudine dei consumatori a utilizzare olio EVO per cucinare.
E’ un’area in forte espansione sia dal punto di vista del consumo che della produzione, in particolare l’Argentina è passata in pochi anni da 13 mila a 20 mila tonnellate prodotte e sta incrementando le proprie esportazioni negli Usa. Il Cile ha vinto numerosi premi internazionali che testimoniano la qualità raggiunta dal settore oleario nazionale.
Il Medio Oriente e l'Africa sono ancora agli inizi ma hanno enormi prospettive di sviluppo e potenzialità per il prossimo futuro.
Per il momento non rappresentano mercati export di valore per l’olio italiano, ma in particolare il Maghreb si sta affermando come area produttiva di livello mondiale, con la Tunisia che rappresenta il secondo paese al mondo per superficie piantumata ad olivo e si sta affermando per il contenimento dei costi ed un buon rapporto qualità/ prezzo. Inoltre la Tunisia è il principale fornitore UE e sta investendo molto nella modernizzazione e sviluppo del settore anche grazie all’attenzione del governo.
Resta il fatto che quasi la metà di tutto l’olio tricolore esportato finisce nei Paesi dell’Unione Europea.
Dal 2011 l’export di olio EVO italiano nei paesi dell’UE è aumentato del 98%, Germania e Francia sono i mercati trainanti ma anche la Spagna nel 2020 ha aumentato le importazioni di olio italiano del 91% in volume (21.500 tonnellate) e del 52% in valore (29 milioni di euro).
La crescita relativi ai 6 maggiori mercati export (ad eccezione del Giappone che registra una flessione consistente) è confermata dai dati Istat del 2020:
- Gli Stati Uniti crescono del 29,5% in volume (123.000 tonnellate) e dell’8,3% in valore (460 milioni di euro),
- La Germania cresce del 24% in volume (49.000 tonnellate) e del 7% in valore (184 milioni di euro),
- La Francia cresce del 41,5% in volume (36.000 tonnellate) e del 23% in valore (117 milioni di euro),
- Il Giappone è l’unico mercato chiave che ha registrato una battuta d’arresto, con una flessione del -9% in volume (20.000 tonnellate) e del -23% in valore (82 milioni di euro),
- Il Regno Unito cresce del 25% in volume (18.000 tonnellate) e del 18% in valore (72 milioni di euro),
- Il Canada cresce del 20% in volume (21.000 tonnellate) e del 4,5% in valore (71 milioni di euro).