Tre centri di ricerca del CREA (Consiglio Italiano per la Ricerca in Agricoltura e l'Analisi dell'Economia Agraria) - Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura, Agricoltura e Ambiente ed Ingegneria e Trasformazioni Agroalimentari - sono coinvolti nel
progetto MOLTI - Miglioramento della produzione in oliveti tradizionali e intensivi.
Il progetto mira a colmare il divario tra l'olivicoltura italiana e quella di altri Paesi concorrenti, fornendo ai produttori le conoscenze e le tecniche per una olivicoltura più moderna, competitiva e sostenibile.
Ma quali sono le ragioni di questo gap rispetto ai nostri competitor?
Le difficoltà principali sono:
- elevata polverizzazione delle proprietà (oltre il 60% sono piccole e medie imprese a conduzione familiare),
- collocazione in ambienti collinari (più difficili per la meccanizzazione),
- predominanza degli oliveti tradizionali (circa i 3/4 del totale), con densità inadeguate, sesti irregolari, alberi spesso vecchi, grandi e/o con più fusti, spesso meno produttivi e limitanti nell’uso delle macchine.
Il Prof. Carlo Gaudio, Presidente del CREA ha recentemente sottolineato il valore della nostra produzione: “Il settore olivicolo italiano è tra i più importanti al mondo: la nostra produzione, infatti, incide per il 15%/18% su quella globale (seconda
dopo la Spagna), siamo il secondo esportatore (dopo la Spagna) e il primo importatore di olio. Abbiamo 1 milione di ettari di superficie olivetata, gestiti da 827mila aziende agricole dagli elevati standard qualitativi e dalla forte caratterizzazione
territoriale (oltre 500 cultivar).
Nonostante l'eccellenza dell'olio d'oliva italiano, la multifunzionalità dell'olivicoltura ed un patrimonio ambientale, paesaggistico e storico unico, il settore necessita di essere rilanciato attraverso strategie di rinnovamento, innovazione ed
espansione della produzione, con un approccio che tenga ben presente la peculiare e variegata realtà olivicola nazionale.
Ci si interroga molto su quali modelli colturali proporre per il rilancio dell’olivicoltura italiana e le strade percorribili sembrano essere sempre e solo due:
- puntare sulle varietà locali recuperando oliveti tradizionali per produzioni di elevato valore aggiunto,
- abbandonare i sistemi olivicoli a bassa densità a favore di modelli ad alta o altissima densità, meccanizzabili e magari utilizzando varietà internazionali.
Ma sono possibili vie alternative?
Questo progetto, come segnala l’acronimo MOLTI (Miglioramento della produzione in oliveti tradizionali e intensivi) si concentra da un lato sul recupero degli oliveti tradizionali e dall’altro sullo sviluppo degli oliveti intensivi, dato che risultati
di studi mostrano che alcune varietà italiane possono adattarsi a modelli colturali ad alta o altissima densità.
Inoltre il progetto vuole fare chiarezza sulla possibilità di implementare modelli di intensificazione colturale ad hoc per diverse situazioni utilizzando varietà italiane e sistemi olivicoli che prevedano una maggiore diversificazione.
Il recupero degli oliveti tradizionali si svilupperà in diverse aree (Sicilia, Calabria, Puglia, Lazio e Umbria) e verranno utilizzate le principali varietà locali (Nocellara del Belice, Carolea, Cima di Bitonto, Leccino e Moraiolo).
Sono emerse in questo caso due opzioni:
- la possibilità di una ripresa dell’attività vegetativa e produttiva degli oliveti con un calendario che dipende dalla varietà e dalle specifiche condizioni pedoclimatiche,
- la progressiva diminuzione dei costi, grazie a una gestione funzionale della potatura e ad una riduzione dei danni esterni, a condizione che il suolo sia gestito in modo conservativo e con pratiche agro-ecologiche in grado di aumentare la materia
organica e la biodiversità e di sostenere il recupero produttivo degli alberi.
Per quanto riguarda gli oliveti intensivi, il progetto si focalizzerà su:
• comportamento vegetativo e riproduttivo,
• l’adattabilità di alcune varietà di olivo italiane all’allevamento in parete in differenti condizioni pedo-climatiche,
• l’utilizzo di pratiche per forzare la crescita e la produzione in impianti giovani,
• l’impiego di strategie di potatura e di gestione dell’acqua.