Un recente sondaggio di Olive Oil Times, a cui hanno preso parte 4.253 produttori di olio d'oliva di 36 Paesi, ha voluto sondare e analizzare la stagione di raccolta 2021/22.
Per i produttori di olio d'oliva è stato un periodo particolarmente difficile, per diverse cause concomitanti:
- gli effetti della pandemia globale,
- il cambiamento climatico,
- i costi di produzione più elevati,
- l’instabilità del mercato,
- una persistente mancanza di conoscenza e consapevolezza della qualità dei prodotti da parte dei consumatori.
La situazione non è terribile ovunque, ci sono produttori che hanno riportato impatti ridotti e c’è anche chi ritiene che un po' di riscaldamento globale non sia particolarmente problematico per il proprio territorio e per il microclima presente.
Ma la maggioranza degli agricoltori e degli imbottigliatori risultano delusi dalla quantità effettiva o prevista di olio prodotto nel raccolto 2021/22, che è iniziato lo scorso autunno per i coltivatori dell'emisfero settentrionale e continuerà
fino alla tarda primavera quando le ultime olive dell'emisfero meridionale saranno lavorate.
La valutazione degli agricoltori sulla resa di questa stagione è stata di 56/100, significativamente inferiore al punteggio di 68/100 del 2020/2021, mentre il punteggio della qualità, che riflette le valutazioni dei produttori sul valore intrinseco del
loro olio, è aumentato di un punto rispetto al punteggio di 82/100 della campagna precedente.
Fenomeni che hanno influenzato negativamente raccolti e rese
Produttori e agricoltori, attraverso il sondaggio, hanno fatto emergere diverse difficoltà che hanno caratterizzato la stagione e le rese.
Come si può osservare dal grafico, la maggior parte del campione (35,6%) ha identificato il caldo eccessivo come il maggior problema da affrontare durante la stagione 2021/2022. Questo dato si relaziona strettamente ad un’altra serie
di fenomeni che fanno parte dei processi di cambiamento climatico e riscaldamento globale, in particolare i fenomeni siccitosi.
Gli altri fattori che hanno influenzato negativamente le rese sono stati:
- siccità (32,9%)
- maltempo (32,9%)
- Covid-19 (19,5%)
- carenza di manodopera (19,5%)
- piogge eccessive (17,4%)
- gelate (14,1%)
In
ultima posizione, la Xylella fastidiosa (1,3%) che, nonostante i danni prodotti, sembra non essere tra le priorità dei coltivatori e non avere grossi impatti a livello globale.
Luís Brito di Azeites do Cobral, produttore di olio d'oliva biologico certificato da circa 15 anni, non ha dubbi: "ciò che sta succedendo è dovuto al cambiamento climatico che, oltre al meteo, sta producendo un mutamento dei parassiti e delle malattie che incidono sui nostri oliveti. Abbiamo notato che, per produrre un eccellente olio d'oliva biologico, il raccolto deve essere anticipato di un mese. O gli oliveti si adattano alle nuove esigenze climatiche oppure dovranno certamente essere spostati a latitudini più alte".
Tasos Anestis di Rhizoma Olive Farms ha evidenziato che: "Il nostro clima cambia a un ritmo drammatico e dobbiamo tentare di mitigare questo processo. Un'azienda olivicola può sequestrare tonnellate di CO2 e ridurre gli effetti immediati di questo problema globale”.
John Gambini, proprietario della Texas Hill Country Olive Company, lo ha detto chiaramente: "Crediamo che il cambiamento climatico sia la più grande minaccia a lungo termine per l'industria delle olive".