La Commissione UE, sotto la spinta di consumatori e associazioni ambientaliste, ha recentemente proposto di modificare il
Regolamento UE 29/2012, che “stabilisce
le norme di commercializzazione specifiche per il commercio al dettaglio degli oli di oliva e degli oli di sansa di oliva” e
autorizzare la vendita di olio di oliva sfuso nei negozi al dettaglio su base volontaria.
Attualmente questa pratica è possibile per il vino ma non per l’olio d’oliva, tuttavia in Francia è già possibile, dal 2018, acquistare olio sfuso ma con determinate garanzie. I consumatori possono riempire autonomamente i propri contenitori, ma le vendite
vengono monitorate e gli imballaggi, su cui il venditore applica un’etichetta con tutte le informazioni, sono sigillati dopo il riempimento.
Il Regolamento della Commissione 29/2012, vigente sinora, stabilisce che in UE solo l'olio d'oliva confezionato (o imbottigliato) può essere venduto ai consumatori finali, in quantità fino a 5 litri per confezione, dotata di un sistema di apertura
che non può più essere sigillato dopo la prima apertura.
Le finalità sarebbero quelle di diminuire l’impatto degli imballaggi, risparmiare e rendere più sostenibili gli acquisti dei consumatori europei.
Permettere la vendita di olio sfuso permetterebbe di raggiungere questi obiettivi in ambito europeo?
Secondo Fedolive, la Federazione europea delle industrie olearie in rappresentanza di 5 Stati europei (Francia, Grecia, Italia, Spagna, Portogallo), la vendita diretta di olio d'oliva sfuso non garantirebbe alcun beneficio tangibile per l'ambiente e metterebbe a rischio la tutela dei consumatori.
La federazione in una nota a Wolfgang Burtscher, direttore generale della Direzione generale dell'Agricoltura e dello Sviluppo rurale della Commissione, ha sottolineato che: "Se l'olio d'oliva verrà venduto sfuso, l'impatto ambientale degli imballaggi non sarà ridotto o eliminato,
dato che all’interno dei negozi dovrà essere nuovamente confezionato - come altri prodotti venduti sfusi nei punti vendita al dettaglio – i quali ovviamente non saranno controllati come le confezioni standard di olio d'oliva per verificare la conformità
con le normative ambientali".
La salute e la tutela dei consumatori rappresentano una problematica centrale secondo Fedolive: "Le vendite di olio d'oliva sfuso non garantiscono la sicurezza dell'alimento, a differenza della standardizzazione e del confezionamento in contenitori
fino a 5 litri, che è l'unica pratica che garantisce la protezione dei consumatori ed è stata anche convalidata dall'ultima revisione del Regolamento esecutivo 29/2012 sulle norme di commercializzazione dell'olio d'oliva".
Anche Agrinsieme, coordinamento che riunisce Cia – Agricoltori Italiani, Confagricoltura, Copagri e Alleanza delle Cooperative Agroalimentari – ha posto l’accento sulle problematiche relative alla commercializzazione del prodotto in bottiglie aperte
e riutilizzabili e ai rischi in relazione alla qualità dell’olio d’oliva e alla sicurezza sanitaria per il consumatore. Secondo Agrinsieme, questa modalità non darebbero alcuna garanzia sul rispetto delle norme igieniche.
Per quanto riguarda la sostenibilità ambientale, la posizione di Agrinsieme è speculare a quella di Fedolive: la vendita di prodotti sfusi al dettaglio, infatti, non ridurrebbe, né eliminerebbe, l'impatto ambientale dell'imballaggio, poiché il prodotto
dovrebbe essere comunque riconfezionato in contenitori all’interno dei negozi al dettaglio.
Inoltre risulterebbe molto difficile, secondo Agrinsieme, monitorare la qualità dell'olio d'oliva rimanente nel contenitore dopo la sua apertura e questo aumenterebbe il rischio di frodi, dato che i consumatori non avrebbero garanzie sulla corrispondenza
tra quanto indicato in etichetta e quanto contenuto nella bottiglia riempita.