Il frantoio oleario Papaleo è ad Altomonte, borgo di origine medievale nel Nord della Calabria, a poco più di 450 metri sopra il livello del mare, tra le colline del basso Pollino, in un
territorio vocato per l’agricoltura fin dai tempi dei greci
antichi.
Originariamente nato come frantoio per molitura conto terzi, oggi Papaleo vanta una propria produzione: il prodotto distintivo è l’olio Evo 1961, la cui data identifica l’anno di nascita dell’azienda.
Abbiamo chiesto a Luigi Papaleo
di raccontarci l’anima dell’azienda, le sue origini, i suoi valori.
L’azienda è nata grazie a mio nonno, uno tra i primi dell’epoca a costruire qui un proprio frantoio. Originariamente noi eravamo un frantoio per conto terzi, ma, nel tempo, abbiamo acquistato terreni e oggi l’azienda ha 4 ettari di uliveto da cui ricaviamo
l’olio Evo 1961, che ricorda la data di nascita dell’azienda. Lavoriamo la cultivar Tondina con la stessa passione del primo giorno per dare un prodotto di sempre maggiore qualità. Coltiviamo anche la Carolea con la quale, grazie anche
all’acquisto di olive di piccoli produttori vicini, produciamo un blend. Il nostro olivo ha una resa bassa in olio, è una pianta molto rustica che non ha bisogno di pesticidi perché è quasi inattaccabile.
La conduzione dell’azienda è familiare e impegna, oltre a me, che seguo il processo aziendale nel suo complesso, anche mio fratello che si occupa del marketing e mio zio, che segue il processo produttivo, dall’ingresso delle olive all’olio; la nostra
lavorazione è di tipo artigianale. La raccolta è meccanizzata e le olive rimangono in stoccaggio massimo 24 ore; la lavorazione è a freddo e non supera i 27 gradi centigradi. I tempi di lavorazione sono quasi immediati, per evitare qualunque problema
di ossidazione.
La localizzazione dei nostri terreni, su colline a metà strada tra il Mar Ionio e il Mar Tirreno, beneficia della presenza di molti venti. Anche storicamente Altomonte era conosciuta, in quanto vi si si produceva il vino Balbino; il nostro uliveto
si trova oggi in una contrada che storicamente accoglieva l’uliveto del signore di Altomonte. Le nostre piante secolari donano un olio
molto particolare.
Quali sono i vostri mercati di
riferimento?
Vendiamo in tutta Italia in
ristoranti e negozi di nicchia. All’estero vendiamo molto in Germania, in misura minore in Francia e Svizzera. I recenti problemi, prima connessi al Covid, poi alla crisi, hanno ridotto le prospettive verso i mercati dell’Est; ora abbiamo però richieste
da parte degli USA.
Il consumo di olio EVO sta aumentando nel mondo, ma dobbiamo comunque fare i conti con le nuove realtà emergenti come il Nord Africa e la Turchia, senza dimenticare il consolidato prodotto della Spagna.
Che considerazioni vuole
condividere sull’ultima campagna?
Quest’anno le aspettative non erano altissime e sono state confermate. Abbiamo avuto una diminuzione produttiva del 40%, molto bassa rispetto a quella a cui solitamente siamo abituati. Ci siamo resi conto di quanto le olive abbiano sofferto. Siamo riusciti
a fronteggiare in parte a queste difficoltà perché la natura fortunatamente fa il suo corso: il
vento e le piogge hanno lasciato sugli alberi le olive più buone, pronte per essere raccolte. Purtroppo, sul fronte della quantità non si riesce a fare molto; ciò che abbiamo potuto fare, a fronte di una riduzione della produzione è stato razionare
le richieste. Paradossalmente, la crisi ha aiutato: meno domanda a fronte di una minore produzione.
Per quanto riguarda la gestione degli aumenti dei costi energetici, logistici e l’inflazione, abbiamo ridotto e rinviato alcune spese, e purtroppo abbiamo dovuto aumentare, anche se di poco, il nostro listino, preferendo ridurre il nostro margine ma andando
per quanto possibile incontro alle esigenze del mercato.